giovedì 4 ottobre 2012

Cose che ho

Voglio stare ad aspettare
e leccarmi le ferite
sotto un cielo di stelle. 
 
Ho  una pila di libri di filosofia morale che mi parlano di disconoscimento, fallibilità dell'io, sensi di colpa e tradimento dell'identità, di maschere e identificazione. Sono libri che, indirettamente, mi parlano di me e che, involontarimanete, sono terapeutici. Ho una Camel Light spenta che mi pende dalle labbra e un pacchetto semivuoto che mi guarda sconvolto. Ho uno stereo che ripete canzoni di tanti anni fa e corde di basso che vibrano nell'aria. Ho un cassetto pieno di lettere scritte da persone che non ci sono più, che sono andate via, che sono volute andare via, che sono dovute andare via ma non volevano farlo. Ho una scatola di lettere scritte e mai spedite a persone che non possono riceverle, che non vogliono riceverle e che non possono riceverle perchè non le ho mai scritte, non le ho volute scrivere e non le scriverò. Ho un cofanetto con regali che profumano di altri tempi, che raccontano storie di infanzia e di adolescenza, di mare e di notti estive che si sono consumate al fumo di un falò e all'umidità dell'acqua, al sapore amaro della salsedine e al profumo delle creme solari e dei vini speziati. Ho un angolo in cui conservo ricordi strappati come carta velina di amicizie andate e amicizie mai consumate, colorate di lacrime e risate che sanno di cannella e giacche di pelle consumata. Ho un quaderno con foto appiccicate con la colla, con volti cancellati e dediche che hanno perso parole perchè ormai è troppo tardi. Ho un armadio pieno di vestiti e trucchi, matite colorate e incensi ancora pregni delle chiacchiere e delle risate di giorni che sono lontani come le casette costruite con i cartoni dove mi rifugiavo quando avevo paura e avevo quattro anni, che quando li guardi, li indossi, li usi o li accendi riempiono le stanze di fantasmi che ti accarezzano e ti baciano, che ti fanno paura però in fondo un po' di amore te lo lasciano. Ho un mobiletto pieno di diari sgualciti, macchiati, bruciati, che vomitano fogli e fogliettini colorati, fiori raccolti e regalati, carte di caramelle e cioccolatini di cui non ricordo il sapore, che piangono sabbia e vento e giornate amare e giornate dolci come i biscotti al miele di Nonna Papera che mi piacevano tanto quando ero piccola e avevo i capelli a caschetto e la bocca imbronciata. Ho zaini che sprizzano gioia e raccontano viaggi con le loro scritte sbiadite, i loro squarci e i loro odori, che quando li apro tirano fuori oggetti di cui non ricordo più nulla. Ho un paio di occhiali sporchi aggrappati al mio naso troppo importante per un faccino tanto bianco ed esile, che mi impediscono di mettere a fuoco con certezza le cose, che ogni tanto devo chiedere se ce la nebbia perchè non comprendo le immagini che si  offuscano all'improvviso. Forse è per questo che ho sempre guardato da sopra, anche se i contorni mi sembrano sfocati e le persone, da lontano,  ombre che galleggiano. Forse è per questo che ogni tanto li chiudo in una scatoletta. Perchè io ho una scatoletta dove ogni tanto chiudo gli occhiali che non mi fanno vedere bene e che hanno sempre le impronte delle mie dita sulle lenti. Perchè io ho le dita che, quando sono stanca di vedere bene, le piazzo sulle lenti degli occhiali e vedo la nebbia e tutto è diverso.

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