sabato 1 dicembre 2012

La pantera azzurra




Cassandra guidava nella pioggia, il caschetto di capelli castani perfetti intorno al viso, gli occhi grandi, fissi sulla strada.
Le facevano male le dita per il freddo, gettò il mozzicone di sigaretta macchiato di rossetto rosso dal finestrino. Lo vide scivolare lontano lungo la strada. Aveva le palpebre pesanti e il cuore le batteva veloce, troppo veloce. Lo stereo cantava, le note aprivano un varco temporale nella sua mente, Cassandra aveva paura, le tremavano le mani e il respiro si faceva sempre più pesante. Premette il piede sull’acceleratore e si avviò verso casa. Doveva sbrigarsi, doveva scendere dalla macchina.
I battiti del cuore si facevano sempre più pressanti, sentiva la vena sulla tempia pulsarle e ricordarle che stava per avere un attacco di panico.
Scese dall’auto e incespicò con i tacchi sull’acciottolato scivoloso, perse l’equilibrio e riprese la corsa verso il portone. Le si stava asciugando la gola. Immagini confuse le riempivano la memoria, i fantasmi del passato stavano tornano.
Si chiuse la porta alle spalle e fissò assente i quadri appesi alle pareti, Cassandra si accasciò per terra.

La bambina con i capelli castani se ne stava sulla soglia delle scale, in attesa. Calda nel suo pigiamino con i dinosauri colorati, il suo preferito, stringeva tra le braccia una pantera di stoffa celeste. Più che una pantera era un blasfemo incrocio tra un felino e un orso. Era un panterorso.
Sua madre le accarezzò i capelli a caschetto, lisci e immobili «Va’ a letto». La bambina scosse la testa, la frangetta negli occhi «No, devo aspettare papà», la madre sospirò «Non sarà contento di trovarti ancora in piedi, vieni a letto», la piccola parve non sentirla e continuò a coccolare il suo panterorso.
La donna le voltò le spalle e andò a letto, lei invece rimase lì, accovacciata sul pavimento di marmo freddo ad aspettare.
Un rumore di chiavi infilate nella toppa fece gioire la bambina, suo padre era tornato! «Papà!» si gettò tra le braccia dell’uomo barcollante. Aveva lo sguardo vitreo, era magro, il viso sudato e perso nel vuoto. Probabilmente aveva bevuto, con  molta più probabilità aveva infilato un ago nel braccio permettendo alla morte di spianarsi la strada. «Perché sei in piedi Cassandra?» sbraitò, Cassandra sussultò «Ti aspettavo… dove sei stato?». L’uomo grugnì, sollevo sua figlia prendendola per il collo e la premette contro il muro.
La bambina spalancò gli occhi, vide il suo panterorso scivolare dalle sue mani, le bruciavano le spalle per il dolore. La parete fredda le premeva contro la schiena, le mani di suo padre le stringevano il collo esile, non riusciva a respirare. «Il panterorso! Lo voglio! Papà mi fai male!», l’uomo sentì l’adrenalina diffondersi lungo le braccia, la testa leggera. «Te lo faccio vedere io cosa facciamo a questo pupazzo adesso».
Lasciò cadere la bambina e si avventò sul pupazzetto celeste. Cassandra piangeva, Cassandra urlava. Il mostro tirò fuori un coltello dalle scarpe, lo teneva ben stretto nei calzini e lo puntò contrò il giocattolo di sua figlia «Nooo! Lascialo! Lascialoooo!». Suo padre rise mentre sventrava il panterorso. Lo stomaco di pezza rigurgitò un cuore di ovatta bianca, consistente come le nuvole.
Gli occhi di Cassandra riversarono lacrime «Cattivo! Sei cattivo! Panteroorsooo!» pianse picchiando con i pugnetti chiusi sulla schiena di suo padre e cercando di ricucire le ferite del suo amico di stoffa.
L’uomo la risollevò prendendola per il collo e le puntò contro il coltello. La bambina scossè la testa e sgranò gli occhi.

«Cassandra! Rispondimi, Cassandra!» la ragazza con i capelli a caschetto castani rivide il mondo comparire intorno a lei. Il ragazzo la guardava negli occhi e la scuoteva per le spalle. Cominciò a piangere ricordando il suo panterorso. Ricordò l’ovatta riversata sul pavimento, le mani di suo padre intorno al collo, la lama fredda sotto il mento e il dolore lancinante alla schiena. Cassandra pianse.
Quella notte la ragazza infilò un coltello sotto il cuscino, in segno di lutto per il suo panterorso. In segno di lutto per un padre, vivo da qualche parte, morto da tempo nei suoi ricordi.



2 commenti:

  1. semplicemente...spettacolare.
    Complimenti, finito di leggere avrei voluto girare pagina e continuare il libro...se solo fosse stato un libro!

    RispondiElimina