lunedì 15 aprile 2013
Graffi e porcellana
Mi sento come una delle bambole di porcellana di mia madre che mi fanno
tanta paura. Più guardo la mia immagine riflessa nello specchio e più il
biancore mi inquieta. E’ un colore sadico e malato, fa male e gli occhi
sono vitrei. Se avessi un abito vittoriano potrei sedermi sul divano e
confondermi in mezzo a loro, massificarmi e scioglermi nella mia stessa
fobia. Potrei acconciarmi i capelli, boccoli dorati e adagiarmi su
un’altalena come la bambolina che abita quella maledetta credenzina. E’
tutto piccolo e perfetto in questo microcosmo fittizio, ogni pupazzetto
al suo posto, ogni esserino con il suo pettine e i suoi vestitini e il
suo dondolo-altalena-cuscino-divanettodimmerda. Hanno tutti un ruolo in
questa casa di bambola fatta a misura di orrore. Se ne stanno a fissarmi
con i loro occhietti spenti e lucidi che assomigliano tanto ai miei.
Dovrei mettere un cappello appariscente come quella bambola col vestito
verde e la pelle perfetta che si affaccia dalla mensola, o magari come
quella stesa sul suo divanetto col vestito rosa antico. Assomiglio a
loro ma non siamo uguali. E’ tutto così schifosamente finto e perfetto e
inquietante. E loro sono tutte bellissime, con i loro abiti sfarzosi i
capelli perfetti e le mani lisce e rosee, come le loro guanciotte del
cazzo. Sono io che sono imperfetta in questo ammasso di porcellana, con
le cicatrici sulla pelle e le occhiaie profonde, con i capelli in
disordine e le guance segnate. Sono io che sono imperfetta in questo
cumulo di bellezza finta, senza calzini bianchi col merletto e scarpette
di vernice. Ho solo delle stupide ciabattine da pin-up con le ciliegine
bianche e la gomma semiscollata dal caldo e, no, non ce li ho i calzini
bianchi col merletto. Loro avranno sempre qualcuno a guardarle e a
pettinare i loro capelli e a lisciare i loro vestiti. Io i capelli non
li pettino nemmeno da sola.
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