giovedì 28 novembre 2013

I racconti dell'Isola Grigia. O di quando Donna Filomena si ricordò di me.



Donna Filomena l’ho conosciuta quando ero pazz… malat… quando non ero, ecco. La incontravo tutte le volte, quando ancora avevo bisogno che mi curassero.
Donna Filomena indossava cappellini colorati, sempre piena di fiori sulla testa e sui vestiti. Lo sguardo luccicante, piccola piccola, nel suo cappottino fiorato. E i cappellini.
Era l’unica che Piero e Pierino, il segretario dalla doppia personalità, chiamavano per nome. Tutti gli altri erano destinati a chiamarsi Pierino, a prescindere da sesso ed età.
Donna Filomena incantava tutti.
Ci piaceva Donna Filomena.
Uno sprazzo di colore in quel posto buio.
L’unico colore per noi che eravamo bui dentro.
Donna Filomena vive in un mondo tutto suo. Ha il suo Meraviglioso Mondo e non ci esce mai. Non si ricorda nomi, volti e avvenimenti. Nel suo Meraviglioso Mondo il tempo non passa mai.
Oggi ho incontrato Donna Filomena, dopo quasi un anno.
L’ho salutata senza sperare troppo che mi riconoscesse. Il cappellino a fiori celeste e il cappotto rosa. Come la prima volta che l’ho vista in quella stanza grigia, in preda agli spasmi.
Io nascondevo ferite sulla pancia e sui polsi,  Donna Filomena non lo so, ma ce le aveva pure lei le ferite nascoste, forse dentro.
Donna Filomena si è fermata a guardarmi, pure io mi sono fermata.
Ha sorriso come sempre e,con occhi sognanti, ha detto: «Signorina dei Tic!».
Mi ha riconosciuta, cazzo! Si ricorda di me!
«Donna Filomena…».
Si è avvicinata piano e mi ha preso la mano: «Ma… non ce li hai più?».
Ho scosso la testa e ho accennato un sorriso.
Gli occhi hanno brillato: «Siete guarita!».
Non abbiamo detto niente, sorridevamo e basta.
«Non vi ho più vista Signorina…» ha trattenuto tra i denti l’appellativo “dei Tic”, del resto, non lo sono più.
«Ho finito Donna Filomena, non sono più in terapia da quasi un anno».
Ha tirato fuori un fazzoletto a fiori dalla tasca del cappotto e l’ha piegato.
«Bene, bene… quindi non vi vedremo più all’Isola Grigia?».
Ho scosso la testa, ripensando a quel posto.
Il centro d’igiene mentale. Il S.I.M. Noi lo chiamavamo Isola Grigia, gli altri solo Il Posto dei Pazzi.
Era un’ Isola sospesa nel tempo per noi,  per il segretario Piero e Pierino erano sempre le 19.00, qualunque fosse l’ora esatta. Ed era davvero tutto grigio, poi ogni tanto qualcuno di noi si colorava e se ne andava via.
È successo pure a me. Quando sono arrivata avevo la pelle bianca e i vestiti neri. Quando sono andata via avevo i jeans e il maglione rosso e i capelli del mio colore naturale.
Solo Donna Filomena è sempre stata colorata. Chissà che cazzo ci fa ancora sull’Isola Grigia.
«Bene, bene… restate così colorata Signorina… Signorina… come la posso chiamare adesso?».
Ci ha pensato su mordendosi il labbro e poi, battendosi una mano sulla testa: «Lo so! Signorina dei Colori!» ha sorriso.
«Mi raccomando, non torni più sull’Isola, ci manca tanto ma ci ricordiamo di lei. Siamo contenti che siete andata via… vuol dire che è guarita».
Donna Filomena mi ha stretta forte, mi arriva appena al petto.
«Buona vita Signorina dei Colori!».
Se n’è andata così, con queste parole, Donna Filomena.

Grazie Donna Filomena, grazie davvero.
Ora che sono guarita lo so, questo è il Mondo Colorato. Ed è bellissimo.
Lo è anche perché Lei, che non si ricorda di nessuno, si è ricordata di me. Dopo un anno.
L’aspetto, insieme agli altri,  Donna Filomena alle porte di questo Mondo. Anch’io mi ricordo di voi.

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