Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac.
Siamo vittime di questi ingranaggi che girano senza pietà.
Crac.
Si inceppano.
Rotelle che scattano, si incastrano e scivolano nel baratro
del tempo.
Rumori metallici, graffiano l’anima.
Ci sentiamo Steampunk, abbiamo un Malessere Vittoriano che
scalda il cuore, tarlato dagli eventi.
Abbiamo infilato le dita nei buchi che mi rendono a
brandelli, alla ricerca di qualcosa da tirarci fuori. Speravamo di trovarci
qualche sorpresa, un bruco nella mela marcia. Nuova vita che grida dal fondo.
Un cazzo.
Non abbiamo trovato proprio un cazzo.
Solo un mucchio di pezzettini strappati. Brandelli di storie
passate, di storie complicate e sbagliate.
Siamo corpi stanchi in quest’armatura che brilla come
argento ma è solo un foglio di alluminio. Siamo stanchi di crogiolarci nel
vapore dei nostri vuoti.
Siamo stanchi di combattere contro i mulini a vento.
A Don Chisciotte abbiamo sempre preferito Orlando Furioso,
arreso alla sua instabilità.
In viaggio sulla luna alla ricerca del senno.
Noi il Senno ce lo cerchiamo nelle nebbie.
In questi posti che sembrano vecchi e profumano di nuovo.
Qui, nelle metropolitane del destino, aspettiamo il prossimo
treno.
Imbocchiamo un’altra linea.
Ce ne andiamo a bordo dei nostri mezzi che borbottano e
sbuffano nervosi come caffettiere.
Ce ne andiamo nelle languide terre colorate di opachi sogni
e speranze.
Ci addormentiamo.
E tanti saluti.
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