Ero
bellissima.
Un tempo lo
ero.
È cominciato
tutto quella fottuta estate del 2008, quando nel parcheggio mi disse che non
potevamo stare insieme. Gli acidi erano sicuramente più interessanti della
giovane darkettona che ero.
Se n’è
andato così il primo strato di pelle lucida e perfetta, insieme all’ombra di un
tossico che si è perso per strada e nessuno ha mai più mai più visto.
E io me la
ricordo ancora quella sera d’estate, con i pantaloncini neri e la maglietta di
Batman, col vuto negli occhi sulla via del ritorno.
Poi c’è
stata lei, che pensava di essere lesbica, non aveva mai avuto un ragazzo. C’ero
solo io. E per me lei era tutto, ho ancora i suoi cimeli da qualche parte,
regali che, negli anni, hanno continuato a trapassarmi il cuore ma non c’ho fatto
caso e ho tenuto tutto.
Un giorno ha
capito improvvisamente che in fondo, in fondo, il cazzo le piaceva. Ho
incassato il colpo e sono andata avanti, con la testa più bassa del solito e la
faccia un po’ più consumata.
E poi è
stato il turno di quello che mi voleva inchiodata a lui, come un atroce Gesù
Cristo in croce.
Non ho
retto, perché io non ce la facevo a stare tutto il tempo con i chiodi nelle
mani senza dire niente.
Sono
scappata.
Da lui, da
me. Da me.
A quel punto
avevo già perso gran parte della mia bellezza. Magra, smunta, straimbottita di
tranquillanti. Ma ero in piedi.
Mi
nascondevo e basta. Lo sapevo già di aver perso. Quello è stato il giorno in
cui ho capito che sarei scivolata nel baratro.
E il
coltello ce l’avevo, per farla finita, per smettere di consumarmi. Era il
momento di arrestare la decadenza.
È stato
allora che è arrivato lui, con una bottiglia di vino e tutto il buon senso per
farmi fermare.
Ho gettato
il coltello e mi sono presa lui.
Tanto i
tagli si son fatti lo stesso.
Ho seriamente
creduto, per anni, che niente sarebbe stato mai più come prima.
Ho
seriamente creduto che sarei tornata bellissima e che lo sarei rimasta per il
resto dei miei giorni.
Quello è
stato il giorno in cui ho firmato la mia condanna.
Perché poi
di tutto lo splendore non è rimasto niente, io sono diventata ingombrante,
insoddisfacente.
Io non sono
più la persona perfetta che ero.
Né per me né
per lui.
E adesso?
Adesso c’è
solo una maschera distrutta dal tempo, dalle ferite, da tutti i tentati suicidi
andati a puttane insieme a tutti quelli che sono entrati nella mia vita per
prendersi il meglio di me e tornare a farsi i cazzi propri.
Il problema
è che vi siete portati tutto, a me avete lasciato solo le cicatrici e la
consapevolezza che non farò entrare mai più nessuno nella mia vita e che non ho
più nemmeno un cazzo da dare.
Che farò?
Non lo so,
forse continuerò a strafarmi di Xanax fino al resto dei miei giorni.
Forse
riuscirò finalmente a liberarmi.
Ancora non
lo so.
Per ora,
piango.
Ora come
ora, sono orribile.